Renato Spagnoli

 

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il Gruppo Atoma

 

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Acquasanta Terme 1971

Foto Alfredo Libero Ferretti

 

GRUPPO ATOMA – il secondo manifesto

 

Pubblicato su Marcatrè n° 14/15 giugno 1965

 

 

    Il critico d’arte Giuseppe Gatt ha dato una definizione molto acuta degli ultimi risultati ai quali è addivenuta la “pittura moderna” cioè la Pop Art e il Neoconcretismo (altrimenti detto Op Art od arte gestaltica), i quali lo si accetti o meno, sono rimasti fino a ieri i soli motivi più validi e quindi suscettibili di ulteriori sviluppi nel tormentato processo della pittura, che, finalmente, mostra perlomeno di soffrire di una anemia insanabile.

    Egli ci dice, fra l’altro: “La prima (Pop Art) è caratterizzata soprattutto da una vocazione comunicativa, quindi linguistica e strumentata anche secondo inflessioni emotive e magiche;  il secondo tipo di ricerca (neoconcretismo) si articola su premesse scientifiche e tende a conformare l’esperienza artistica all’esperienza scientifica, con la naturale accentuazione del momento visivo e percettivo del prodotto dell’arte. “ (1)

    Orbene, se la polarizzazione delle motivazioni teoretiche di queste correnti può trovare giustificato riscontro nel loro modo operativo medesimo (e lo trova senz’altro) e può quindi costituire utile strumento al fine di un più rigoroso discernere e indagare critico, è proprio verso questa polarizzazione di interessi che nutriamo i nostri dubbi e che riteniamo oltremodo nociva a livello culturale e ideologico.

    Ci preme evidenziare come, per entrambe le tendenze poetiche in esame, i limiti dell’una consistano nel non ritenere i meriti e la funzione dell’altra. Infatti, se consideriamo con obbiettività le loro problematiche, accantonando quelle velleità avanguardistiche del tutto inopportune, possiamo constatare come, mentre per la Pop esiste il latente pericolo di cadere nell’effimero soggettivo, esistenziale e documentativo, per la Op si pone il pericolo non meno grave, di scivolare nella fatuità del gioco visivo, nel trastullo ottico, nell’elementarismo formale.

    Inoltre non vediamo come “una vocazione comunicativa” (humus inalienabile per qualsiasi proiezione poetica) possa andare  disgiunta dal “momento visivo e percettivo” (coscienza e individuazione della propria dimensione storica), se non contravvenendo a quelli che sono sempre stati e sempre resteranno i presupposti essenziali dell’essere nell’arte. In effetti, pur variando nel tempo il modo di porsi delle problematiche umane e culturali, l’artista sarà portato ad organizzare le sue sintesi e le sue visioni del mondo proprio tenendo conto dei suddetti motivi e risolvendoli nel fare dell’arte, dentro l’arte.

    Quindi, per incidenza, cogliamo l’occasione per affermare come qualsiasi discorso sulla morte dell’arte sia meramente salottiero, ozioso e nevrotico in quanto cambiando una cultura e con essa l’uomo, del resto si sta verificando, cambierà anche il modo di fare dell’arte, come pure i suoi medium espressivi ed il suo prodotto; mai però verrà a fine l’impulso estetico nell’uomo che in ultima resta la costante più dinamica e veramente creatrice di progresso non effimero, proprio perché affonda le sue radici nell’intimità dell’animo umano e non nella vanità delle cose.

    A meno che non si voglia identificare con il pretesto della morte dell’arte, la morte di un settore di una specie o qualità di essa, al che ogni discorso non merita alcuna attenzione.

    Ma, tralasciando i motivi ideali che ci inducono a confutare questi atteggiamenti e tornando al discorso iniziale, cioè alla polemica partitistica delle avanguardie “per metà”, esistono a questo proposito argomenti ben più impellenti e vitali di queste nostre convinzioni e li troviamo nelle principali cause che determinano la contingente precarietà in cui versano uomini e cose, li troviamo nelle contraddizioni laceranti della  nostra civiltà e, guarda caso, proprio in quelle in cui la Pop da una parte e la Op dall’altra vorrebbero fondare, in modo partitistico e unilaterale, i loro domini e feudi speculativi.

 

(1) Introduzione al IX Premio Termoli “Documenti” 10, ediz. dell’Ateneo

 

 

 

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